Zazen (Meditazione / Seduti)

Premessa: Tendenzialmente preferisco unire le sessioni di Zazen alla pratica del Kendō e dello Iaidō.

Le sessioni variano a seconda del livello, da 15 minuti a un’ora e più.

Sedere in silenzio e respirare profondamente aiuta a metterci alle spalle i nostri problemi, a concentrarci e ad essere sempre pronti in ogni attimo della nostra vita, ad essere in pace ed armonia con noi stessi e tutti gli esseri viventi, e soprattutto addestrarsi a vivere qui e ora.

Nel 1985 in maniera totalmente casuale ho incontrato lo Zen e sono stato introdotto a questa pratica dal mio primo maestro di Kendo e di Vita, Kim Taek Joon: credo che praticasse col metodo Rinzai. Nel 1992, in seguito all’incontro con Shoukaku Kouji Sensei, ho approfondito la pratica di Zazen con un tipo di Zen esoterico più vicino al metodo Sotō, trasmessogli da Go Roshi Samà, fondatore del Tempio Katsuzenji di Nagano .

Qual è il modo corretto di meditare? Non posso dire molto sul corretto modo di praticare la meditazione Zen pur praticando da oltre25 anni o meglio potrei parlare della mia personale esperienza e questa mia percezione è sempre in evoluzione e quindi, quello che potrei scrivere ora, tra poco tempo potrebbe essere completamente diverso. Ci tengo a precisare che attualmente, per scelta, non appartengo a nessun gruppo, setta o ordine religioso.

Tecnicamente, ci sediamo su un cuscino (zafu) appoggiato su un futon, nella posizione di mezzo loto (ankafuza) o loto intero (kekafuza). In caso di impedimenti a tenere a lungo queste posizioni , si può praticare in seizà o in casi eccezionali anche su una sedia, l’importante è stabilizzare il corpo, nel caso delle prime due opzioni, con le ginocchia ben appoggiate al pavimento e il coccige che appoggia sul cuscino. Si sta seduti con la schiena dritta, le orecchie allineate alle spalle, le braccia comodamente in grembo, la mano sinistra sopra quella destra, i palmi verso l’alto e i pollici uniti. Accendiamo l’incenso, suoniamo la campanella e svuotiamo le nostre menti. Cerchiamo di contare i respiri da 1 a 10 oppure lasciamo che i pensieri vadano e vengano senza trattenerli...

Alcuni giorni vanno meglio di altri, ma quando si raggiunge un buon livello di concentrazione si riesce ad entrare in zammai e si perde la cognizione del tempo. Talvolta i piedi si addormentano e si perde completamente la sensazione di averli. Talvolta non si riesce a smettere di pensare. Altre volte si può sentire il respiro in profondità nei polmoni e lo si fa scendere fino ai talloni. A volte, raramente, si sente  il vento che soffia tra i pini… e niente più conta.

Per informazioni sui corsi contattare:

Nicola Casamassima

tel. +41 798234467 +39 329 4191848.

Iaidō-ZNKR

Direzione tecnica:

M° Nicola Casamassima Renshi 6° Dan

Che cos’è lo Iaidō?

È una disciplina che aiuta a raggiungere una condizione di armonia tra corpo e mente (“IAI” in giapponese vuol dire infatti “essere in armonia”).

Come molte altre arti tradizionali giapponesi, lo Iaidō è strettamente collegato con lo Zen: in effetti si può dire che è “Zen in movimento”.

Gli esercizi individuali dello Iaidō, oltre a migliorare la propria condizione individuale, preparano a confrontarsi più efficacemente con gli altri: sia nella vita, sia nella pratica del Kendō, dove l’allenamento si svolge con un avversario.

Il maestro di riferimento è Miyazaki Kentaro Hanshi 8°dan ZNKR.

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Nicola Casamassima

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Kendo

Direzione tecnica:

M° Nicola Casamassima Renshi 6° Dan

Che cos’è il Kendō?

È la più antica disciplina giapponese , dai suoi principi si sono poi sviluppate tutte le arti marziali tradizionali giapponesi.

Pur essendo stato codificato nella sua forma attuale semplificata solo dopo il 1945, il Kendo discende direttamente dalle scuole antiche di spada (Kenjutsu).

Nel Kendo, per ovvi motivi di sicurezza, si usa lo SHINAI (una spada formata da 4 stecche di bambù) come se fosse il KATANA (spada giapponese) e un BOGU (un’armatura).

Nel Kendo è previsto il confronto con un compagno di pratica, è una sorta di scherma per alcuni aspetti paragonabile alla scherma occidentale .

Ci sono 4 punti validi per colpire l’avversario, essi sono protetti da un’armatura che consente di poter essere colpiti fino in fondo senza avere conseguenze.

Vengono fatti dapprima esercizi individuali, per imparare i movimenti di base, e poi con l’avversario fino ad arrivare al combattimento (libero oppure arbitrato).

Possono praticare tutti dai 6 anni fino a quando si ha la forza di stare in piedi, non è mai troppo tardi per cominciare.

Come molte discipline tradizionali giapponesi, il Kendo è strettamente collegato con lo Zen (meditazione) e lo Iaido e quindi dà molta importanza alla postura del corpo, alla respirazione e alla quiete dell’animo.

Come recita l’ideale della Federazione mondiale di kendo: “il Kendo è una Via per la formazione dell’essere umano attraverso le leggi del Katana” o come ho sentito dire dal mio primo maestro “il Kendo è la tecnica migliore per raggiungere il satori (illuminazione)”.

Il maestro di riferimento è Kim Taek Joon, Hanshi 8 dan, fondatore nel 1981 del Mu Mun Kwan Dojo Centrale di Milano

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Koryù / Kenjutsu

Che cos’è il Koryù ?

Tradotto letteralmente vuol dire: Ko (Antico), Ryu (Stile); quindi, stile antico di spada. È una disciplina giapponese, che, a differenza del Kendō, non prevede punti prestabiliti da colpire e in cui non sono previste competizioni sportive. Nel Giappone feudale vi erano numerose scuole antiche o Ko-Ryù. I Samurai più esperti ed abili codificarono in seguito alle vittorie conseguite sul campo il proprio Koryù attraverso l’insegnamento di katà (forme prestabilite) tramandandoli di padre in figlio, quando possibile, o attraverso riconoscimenti “Menkyo Kai Den” ad allievi particolarmente abili che dimostravano di aver compreso i concetti fondamentali della scuola stessa.

Tra le scuole più famose il Ryù di Yagyu Shinkage , Katori Shinto , Ono-ha Itto , Jikisinkage ,  Hoki , Tamiya , Shindo Muso ed i più recenti Muso Jikiden Enshin Ryù e Muso Shinden Ryù.

Che senso ha praticare ai nostri giorni un Koryù? 

Può essere un approfondimento della pratica del Kendō e dello Iaidō moderno, inoltre la pratica di molti Koryù è legata alla pratica dello Zen. Il Koryù è strettamente legato agli insegnamenti di un maestro, in genere giapponese, che sia stato abilitato e riconosciuto idoneo a trasmetterne i principi ed i concetti fondamentali dal suo maestro.

Ho praticato Yagyu Shinkage Ryù del ramo di Owari (oggi Nagoya), ed il suo Iai, denominato Yagyu Seigo Ryù Batto Jutsu. Questo stile è stato trasmesso fino al 21° Sokè, Yagyu Nobuharu Sensei. 

Alla sua morte, avvenuta da pochi anni, ho continuato a seguire gli insegnamenti di uno dei suoi migliori allievi: il maestro Shoukaku Kouji 8°dan Kyoshi Kendo Settimo dan Iaido, che dal 1992 insegna Ken, Zen e Koryù per conto di Shin Ho Kan Italia, inoltre è stato per tre anni maestro della Monju Kai presso il Dojo Rasen Spazio Budo Zen di Milano. Ho seguito il maestro Shoukaku Kouji dal 1992 al 2013 e dal 2004 sono stato suo allievo, ho praticato con lui Ken e Zen per più di 50 Sesshin che si sono svolte in Italia e all’estero.

Ho praticato per oltre 20 anni in Italia e in Giappone anche lo stile Musoshinden Ryù sotto la diretta guida del maestro Miyazaki Kentaro Hanshi 8°dan.

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